Ho sognato che guardavo un cielo viola, sotto al quale danzavano ombre di pini al tramonto. Provavo a fotografarlo ma cambiava continuamente, non riuscivo a catturare i colori; quel cielo diventava tutto d’oro, e poi rosa, con nuvole incredibili, rimanendo sempre bellissimo. La cosa più stupefacente era che vicini c’erano luna e sole, e potevo guardarli insieme, a poca distanza. Due sfere luminose armoniche nello stesso spicchio visivo, senza raggi.
Abbraccio il tutto con lo sguardo. C’è una bambina con me. È la mia? Sono io? La tengo a me.
Dicono che i sogni vadano sentiti, e non interpretati. Bisogna lasciare a tutti la possibilità di sentire, e mi sa che questa è la cosa più complicata.
Ogni parola allora diventa superflua. Si dovrebbe ascoltare il silenzio dell’altro, essere empatici, tentando di sentire se si prova rispondenza in quel suo essere.
Al sole e alla luna, al cielo completo, al silenzio denso, alle pause, al ritmo, alla speranza. Volgo lo sguardo al quadro che in cui tutto è. E tutto m’appartiene, anche se non lo fermo. Tengo qualcuno di bello a me, o solo e per fortuna me stessa, mora e piccola.
Brevi pensieri post cielo apocalittico.