Capita di dormire in qualsiasi posto e a qualsiasi ora. Se uno sta bene, se uno lo può fare.
Prima lo facevo spesso quando stoppavo. Arrivavo in vacanza e perdevo i sensi per 10 ore filate, per me una catalessi; poi andavo in spiaggia, e ridormivo. Un pesce bianco che stava a squagliarsi al sole (senza ahimé perdere un solo dannato grammo). Le mie squame riprendevano vita con il riverbero del mare. Quei raggi, che mi trasformavano in un’inglese doc che vede il sole per la prima volta tutta lentiggini e arrossamenti, mi ridavano vita.
Ecco. Non c’è mica tanto altro. Era tutto condensato in quel rilassamento rigenerante. Era.
Comunque non ho capito perché non vivo al mare.
Forse lo amerei un po’ meno se lo vedessi tutti i giorni?
E qui si apre un tristissimo capitolo ché già la risposta sta nella domanda, e ne viene una semplice quasi banale associazione di idee, che mi fa ridere, dopo ripetitive e inutili disquisizioni sulle relazioni con un sacco di persone, e cosa vuoi, e cosa avresti voluto, e chi va bene, e chi non va bene. Come e dove sta la relazione funzionante. Quale è. Diavolo. Dove è. Guarda bene sotto al divano che la trovi. Vai, guarda, ma bene…
Ma sì che c’è. Ce ne sono tante. Il problema è che siamo degli inguaribili rompicoglioni. Lo siamo in tanti, per molti versi e in modo diverso. Pochi ne sono esclusi. Nemmeno chi spinge la carretta e si sente al riparo dalla grandine perché stringe i denti, e resiste, e fa compromessi di continuo, insomma il porcellino con la casa di mattoni. No, anche tu, porcellino palazzinaro, sei spesso un inguaribile rompicoglioni perché non sai cosa sia la bellezza di una casa di foglie di fico, e guardi noi con le case di fresche frasche con commiserazione. E io sono come te, una rompicoglioni, perché guardo la mia casa fatta di carludovica palmata, e alla prima gelata mi si fredda la minestra, e vorrei du’ gettate di cemento tra quelle frasche ogni tanto, ma poi torno a considerare che mi piace tanto anche così. E allora commisero te, palazzinaro pasciuto e figliato. Perché? Perché non hai la mia casa pericolante da cui si vedono spifferi e anche stelle, e delle volte però pare che mi stai a guardare quasi con bramosia per tutte quelle possibilità che a te sembrano ormai negate. E poi mi domando: non sarà, la tua, un’impressione? Insomma, non se ne esce.
Mi sa che non esiste il posto del sollievo. Mi sa che non c’è proprio la via se non nell’essere felici, così. Com’è. Com’è adesso. L’ho detta, grossa.
Voglio amarti da lontano. Mare. Voglio amarti alcuni giorni al mese. Mare. Voglio guardarti come fosse sempre la prima volta, e per adesso la distanza rende possibile questo bestiale amore. Adesso è così, mare