“Anch’io volevo andare un’ultima volta a Parigi… peccato, ho troppi dolori nelle ossa, non posso viaggiare. Quando arriverai a 95 anni lo capirai!”
Prosegue: “Avevo tre sogni ma non me li ricordo… volevo prendere l’aereo e l’ho fatto. Andare a Parigi ma non si può. E poi…”.
Suggerisco: “Volevi andare a cavallo”.
“No, non era quello”. Noto che ogni volta ha dei sogni diversi.
“Ah! Volevi guidare la Spider”.
Lei senza un attimo di esitazione: “No questo lo faccio. Quando torno me ne compro una”.
Quando torna se ne compra una. Ho riso cinque minuti. La prossima vita.
Alcuni hanno sogni che si possono ancora realizzare. Alcuni vedono solo il confine delle pareti circostanti per tanti motivi, che sia l’età, la condizione, il denaro. La paura.
Pensavo che se avessi avuto una malattia incurabile con un tempo-vita breve avrei viaggiato molto per vedere tutto quello che mi incuriosisce. Oppure, mi chiedevo, sarei così depressa che non mi verrebbe voglia di muovermi più?
E quale differenza c’è tra l’avere un male e non averlo, se si vede un confine così infinitamente esiguo con un precipizio? E se si sa perfettamente che non è deliberatamente concesso avvicinarcisi?
Qualcuno mi ha detto incontrandomi: “Non si capisce come stai da quello che scrivi!” Bene, penso. O almeno è bene che rimanga la libera interpretazione in base all’umore del lettore.
E dunque come si sta? Come d’autunno sugli alberi le foglie. Col cazzo. Mi scuso per la solita finezza che però mi rilassa ed è così sempre pienamente efficace. Si sta come se non ci fosse più la foglia e nemmeno l’albero.
Vedo persone mangiate dalla vita, che brancolano. Ma è forse una mia percezione, sono io che leggo il reale che mi circonda, e attiro a me un certo tipo di umanità, oppure qualcuno è un po’ sopraffatto? No, di certo è relativo a me. Non è stato sempre così, per niente. Ricordo tempi di espansione totale.
Io non ci sono, e dunque sto un passo oltre. Dov’è Guia? Bella domanda.
Sto in uno spazio indefinito in cui a Parigi ci posso andare, e ci vado, e penso che se un tumore non ce l’ho, devo spingere fin dove è possibile per far sì che le cose avvengano senza che mi debba venire prima alcunché perché io le realizzi.
Rileggo i miei sogni scritti tanti anni fa, e quelle cose, dannazione, le ho fatte quasi tutte.
E dunque, se niente si muove, mi muovo io. Farò tutto. Dentro si sono incrinati parecchi meccanismi, per cui all’oggi il movimento è la cura. Movimento costante. Impossibile sprecare energie facendo minchiate. Purtroppo questo non è previsto né consentito.
Sogno il nostro cane, bello come non mai. Finalmente non era uno dei miei sogni di palese morte… o beh, mediamente criptata visto che lui non c’è più da 20 anni. Sta in una valigia enorme aperta, e mia mamma l’ha lasciato fuori, e lui la sta aspettando da tutto il giorno sotto casa davanti alla porta. Gli dico: “Ma potevi venire da me. Abito lì!”. Indico finalmente una casa mia. Non sapevo se mi avrebbe ringhiato, come faceva quando ero bambina e gli rompevo le balle. Ero felice. È bellissimo e enorme, è perfetto; lo abbraccio. Gli assenti come reagirebbero se li abbracciassi? Ciao Alan
Menomale che i sogni cambiano, come testimonia mia nonna che dalla sua navicella-spaziale-salotto sparge inconsapevolmente e in un modo inspiegabile la speranza, con l’assegno pronto per la Spider “per la prossima volta”.