Ieri ho provato a fare la cera fatta in casa. Per testare la temperatura ho pensato di provarla sul polso. Ho steso una goccia, e non ho sentito dolore. Poi mi sono accorta che bruciava. L’ho tolta facendovi scorrere l’acqua del rubinetto ma la pelle non ha gradito, e’ diventata bianca, ha iniziato a gonfiarsi e poi a staccarsi. Era un’ustione, per la quale non ho sentito niente.
Ho rimosso allora la pelle morta, e ho scoperto che sotto il primo strato di pelle ce n’e’ un altro di colore totalmente latteo. Tipo un osso, credo.
Giorni fa avevo sognato che mi si staccavano dal petto grandi porzioni di pelle, e ne ero infastidita. Cambiamento. Muta. Il serpente che lascia la pelle e si rinnova, via il vecchio per il nuovo. Con fastidio? Con dolore? Fosse facile…
È duro abbandonare il certo della vecchia pelle per l’incerto della sembianza che si ignora. È atroce avventuroso e sensuale staccarsi dalle consuetudini per qualcosa che non si conosce. E fa anche maledettamente paura.
Il mio bisnonno ai primi del ‘900 parti’ da Capannori per “fare fortuna” seguendo le orme di altri parenti in America. Si imbarco’ sulla Conte Grande a Genova. Erano gli anni ’10 e lui era un ragazzo. L’Italia, di certo la lucchesia, era povera, e offriva ben poche prospettive per l’avvenire. Il ragazzo sbarco’ ai piedi della smagliante statua della libertà con nient’altro che un sogno dentro ad una sacca.
L’America era grande e piena di opportunità per chi avesse voglia di coglierle.
Giovanni non aveva soldi ma un foglio con su scritto un indirizzo. La presunta salvezza. Lo sbarco nella grande New York.
Ecco, disse, qui sono libero di costruire il mio futuro!
Provò immediatamente a chiedere dove trovare quell’indirizzo, ma il posto sembrava non esistere. Presto ebbe piena consapevolezza di essere completamente solo, oltre che senza denaro.
Dormiva dove capitava con altri viaggiatori conosciuti sulla nave, ma da buon lucchese era schivo e poco incline alla socievolezza. E aveva una paura matta.
I primi giorni furono terribili. Il paese dei sogni si rivelò il paese dei balocchi di Pinocchio. Mangiafuoco era dovunque! Ogni angolo nascondeva un pericolo, e lo comprese presto per evitare le percosse o le urla.
Non capiva una parola d’inglese, e dopo qualche giorno, venduti l’orologio e una piccola scatola d’argento che aveva in tasca, non riuscì neanche più a mangiare.
Ma lui non si perdeva d’animo. Continuava a chiedere a chiunque ispirasse fiducia dell’indirizzo che teneva religiosamente custodito attaccato al suo corpo. L’aveva imparato a memoria, e anche se l’avesse perso l’avrebbe potuto ormai riscrivere. La polizia non si era infatti rivelata benevola di fronte agli sbarchi di massa di persone malandate, in condizione di sporcizia dopo il lunghissimo viaggio, e dalla lingua incomprensibile. Poveri. Non avevano organizzato una festa al suo arrivo, né una benché minima accoglienza. New York si era mostrata un po’ fredda sia umanamente che climaticamente. Ci si avviava infatti verso l’inverno…
Giovanni non aveva scelta.
L’orgoglio si annientò presto. La fame si fece sentire, i soldi erano finiti. Era in America con il proposito saldo di aiutare la famiglia in Italia, ma se non si fosse salvato non avrebbe potuto aiutare proprio nessun altro.
Vagava ancora al porto con alcuni compagni di viaggio che come lui non avevano raggiunto i propri contatti. Decise che doveva agire.
Iniziò ad entrare in tutti i negozi, provando goffamente a comunicare per offrirsi come lavorante. Veniva scacciato, se non a male parole, con ferma risolutezza.
Erano trascorse tre lunghe settimane.
Era fine settembre. La notte era fredda e stellata. E dormire all’aperto non era affatto confortevole.
Presto pensò che sarebbe morto.
Era impreparato alla vita. Sporco e affamato. Senza forze. Era totalmente sprovvisto di mezzi, di aiuti, di fede.
Quella notte piangeva sulla sua panchina, raggomitolato per non farsi udire e per sentire meno freddo, dopo aver condiviso del pessimo vino regalato a lui e a qualche altro malcapitato giovane viaggiatore da una specie di locandiera.
E proprio quella notte, tra i muti mugolii di dolore, una specie di folgorazione lo colpi’, come una botta in testa. Eppure era ancora sveglio, ma una voce chiara e nitida proruppe nella sua mente:
“Per il vero cambiamento devi lasciare tutti i vecchi legami, devi mollare la scialuppa, e far si’ che viaggi da sola, e vaghi nel mare. Non puoi remare. Non puoi controllare proprio niente.
Hai scelto di essere qui, hai scelto di fare la strada impervia, hai scelto di battere il percorso nuovo, e questo costa! Ogni azione che si discosti dal seminato ha un prezzo alto. Molto alto.
E la ferita brucia, e brucerà, non hai e non avrai modo di tamponarla! Non hai gli strumenti. Devi solo avere fede”.
Si addormentò all’improvviso. Le lacrime rigavano tutto il suo viso, e lo consolarono un po’. Non fece sogni. Una notte bianca di pace, dopo tanto faticare e tanto temere per la sua incolumità.
La mattina seguente si svegliò con le mani totalmente spellate, come se avesse lavorato strofinando cenci ruvidi sulla pietra tutto il giorno. Erano di un bel rosa vivo, ma non dolevano.
Il cambiamento si attiva in modo imperscrutabile e insondabile.
A volte il processo è molto lungo, a volte è breve e chiaro, come fu per Giovanni.
Con le sue strane mani rosa entrò da Marion, la specie di locandiera, e sorrise, mostrandogliele. Sono arreso! Sono qui. Come fosse stata proprio lei la messaggera della notte precedente. Come se lei fosse dio…
Marion vide solo quel sorriso, e pensò che con quelle mani pulite poteva effettivamente lavare i piatti. Il sudicio e giovane italiano quando sorrideva non era poi così sgradevole, penso’. A volte basta un gesto a mutare una situazione apparentemente immutabile, a volte invece occorre una vita intera a cambiare un’inezia della nostra esistenza.
A Giovanni servi’ un sogno, in una notte di fine settembre, sulla banchina di un porto di New York. La testa tra le stelle.
Non poteva mandare soldi a Capannori. Peccato! Una bell’utopia credere di risolvere in poco tempo un’enorme problema. Lo fece molto tempo dopo, quando ormai in Italia lo credevano morto.
Prima salvati tu, che agli altri ci penseranno loro stessi.
E lui si salvò. Da lavapiatti a New York seguì poi il sogno nella sacca. Non trovò mai l’indirizzo stampato nella memoria perché decise di non cercarlo più. Amò molto, e imparò a ridere.
E a cambiare pelle senza opporre alcuna resistenza.