Ho passato una splendida serata a Barcelona, mangiando tapas di pesce, con prosecco e liquore alle erbe offerto dalla casa. Ho visto l’edificio dello stravagante Palau della Musica Catalana. Ho camminato, non mi sono persa, ho chiesto informazioni per tornare verso casa e ce l’ho fatta, senza problema. Il segreto è sapere nel profondo che non ti puoi perdere. La paura di perdersi in una città è altro, credo affondi le radici in altri anfratti (e la sera seguente, per verificare se quello che avevo scritto avesse un senso o fosse spocchia, mi sono persa. Risposta al quesito: aveva un senso, non sono andata nel panico! Menomale che giorni fa mi è stato gentilmente detto, in risposta al mio fastidio verso le mappe, che le donne hanno un ottimo senso dell’orientamento. Sono un caso allora, speciale soprattutto! né amante delle mappe, come tutti gli uomini che ho conosciuto finora, né intuitiva. Vorrei un bel gps installato nel cervello. E visto che non ce l’ho, ora finalmente si chiede!).
Il telefono si stava scaricando, dopo averlo usato tutto il giorno per fotografare il fotografabile nei musei che da tanto volevo visitare – il Museu Episcopal e il Museu de la Pell di Vic – e pensavo che forse non mi ricordavo neanche tanto bene l’indirizzo del posto in cui alloggio. Indirizzo che si trova sul cellulare. Lo riguardo? Ma no, la zona me la ricordo. Assurdo! Io che non mi tatuo sul corpo tutte le coordinate del mio albergo! Poi mi viene in mente che ho la prenotazione salvata sull’ipad, che non era ancora in letargo. Perfetto.
Possiamo continuare a girovagare senza nessuno stress.
Mi stupisco di me stessa per aver scelto, sia negli Stati Uniti che adesso in viaggio, di non avere l’opzione per telefonare dall’estero e allo stesso tempo non incentivare le telefonate verso di me. Anzi, dirottare tutto sulla connessione in modo da circoscrivere temporalmente i contatti, e non essere sempre reperibile. I viaggiatori di professione di cui leggo si muovevano così, con una libertà mentale smisurata. Maugham o Jack London andavano ovunque, per terra e per mare… Vero è che se ti beccavi una malattia asiatica un secolo fa o ti trovavi in una burrasca a fine ‘800 la presenza del cellulare non ti avrebbe comunque granché aiutato.
Mio nonno, che non viaggiava particolarmente ma lavorava molto ed è stato un modello non solo per i suoi figli, non aveva un telefono con sè. Eppure, niente gli è successo per il fatto di non averne uno. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo e sapere il suo pensiero in molte circostanze. Presumo sia una sensazione che proviene come riflesso da chi l’ha molto amato. Vero è che tutti vorrebbero una guida super partes… Forse.
Cosa deve accadere, accade. E tu devi affrontarlo con chi hai intorno, per cui, che ti trovi a cento metri da casa o a centomila, dovrai pur sempre farti forza e chiedere aiuto, farti capire, provarci.
Certo, le “cose” possono accadere, ma voglio pensare al meglio. Un’avventura per me è anche procacciarmi una buona cena, farmi intendere, azzeccare la strada. Mangiare, bere, respirare: se fatte nel modo giusto, ascoltando il corpo e non violentandolo, possono tutte essere azioni complesse. E io desidererei fare tutto ciò nella semplificazione, magari nel piacere!
Passo nella nebbia tra Barcelona e Vic con il treno, la stessa nebbia che trovavamo ogni mattina quando, quasi venti anni fa, facemmo l’ultimo tratto di cammino verso Santiago di Compostela. Uno dei viaggi più belli che io abbia mai fatto. E proprio stanotte, Clara amica mia, ti ho sognato! Mi telefonavi, ed ero così felice di sentirti!
Clara era la nostra guida, e al tempo aveva sedici anni. Già allora credo parlasse cinque lingue, e in quel viaggio imparò anche lo spagnolo, la sesta. Aveva sempre una visione positiva, e nei suoi occhi limpidi riuscivi a trovare a fatica sensazioni negative. Era speciale.
Bene, anche allora non avevamo cellulari, e chiamavamo a turno le nostri madri ogni quattro giorni, che dovevano interagire tra loro per darsi le notizie. Si incazzarono un po’ per la scarsa comunicazione…
Libertà allo stato puro.
La nebbia si è diradata, la giornata è limpida. Sento la voce registrata che annuncia le stazioni, e capisco; poi sento parlare dietro e vicino a me in spagnolo, e non capisco, ma penso comunque che questa lingua affascinante potrei davvero impararla.
Ciao Guia ,
bel pezzo! E’ da un po che leggo i tuoi “articoli” …mi piacciono assai , ho sempre sentito la tua voce e non avevo mai letto il tuo scritto. Brava, bella penna !
Giuro, è la prima volta che sento dire che le donne hanno senso di orientamento, di solito non è così ( ho in casa una donna che si perde anche in giardino e tu sai come è grande).
E’ vero quanto dici circa “quel che deve accadere accade” ed un po’ di fatalismo nella vita abbinato ad un po’ di” sana,paura” è buona norma averli, quasi fossero un gps . La new tecnology è utile e comoda ma ancora non risolve problemi abbassa solo un certo tipo di ansia.
Un bacio .
Lore
Caro Lore, come ringraziarti?
Sono molto felice di trovare il tuo consenso. La penna (ormai simbolica) è, e rimane, il mio primo amore, da sempre. Avevo scritto tonnellate di pensieri per me.
Sai che ti dico? Che per me sviluppare il sesto senso è stato senza ombra di dubbio l’aiuto più grande che ho avuto da questi tempi, diciamo, non facili. Così da evitare le situazioni “complesse”! Come si suol dire, svegliarsi sullo stare in campana.
Per l’orientamento, a dire il vero, di solito un po’ ce l’ho, e affidarsi ai dispositivi mi rendo conto sia una fregatura…il cervello si spenge. Ieri però ho ritrovato la via perfettamente, senza un dubbio, a memoria. Forse basta applicarsi un po’?… Ci devo provare. Un abbraccio