Percorri un viale, potresti farlo a fari spenti e a occhi chiusi.
Poi un altro. Una curva.
Sei mancata quattro mesi, e una dolce nostalgia ti avvolge ma non ti sovrasta, ti abbraccia ma non ti opprime. Ti culla ma non ti soffoca.
Dicono che tornare induca tranquillità. Dicono che tornare produca una sensazione di nido ritrovato, di covo, di certezza. Per contro altri dicono che tutto si riproponga identico a sé stesso, in modo immutato e faticoso, come si è lasciato. Dicono tante cose.
Tornare è rivedere tutto. Eppure è un soffio, certo, non sono trascorsi anni. È un’assenza di un soffio prolungato.
Ripercorri i tuoi viali, con la vista sulla meraviglia. Guidi finalmente, e quanto ti è mancato!… Guidare. Simbolico e chiaro.
Che guido di solito adesso? Il mio passo, che a volte mi pare così incerto e sconnesso. E così affaticato talvolta dal dover mettere insieme un passo dietro l’altro… Esco di casa a New York come se due mani mi spingessero dalla schiena. Sensazione nuova e strana, che non avevo mai provato così chiara. Devi procedere. Devi, anche se a volte non ti va.
Firenze mi conduce a occhi chiusi. Non c’e’ bisogno di sapere dove andare. Eppure non mi annoia mai. Non mi ha mai annoiato. Ci sarà sempre una casa da esplorare, un giardino da conoscere, un qualcuno che ha un oggetto da restaurare, un nuovo amico che apre le porte. Sogno? Mi illudo?!
E allora viaggeremo, e allora gli amici li porterò io. Se non si può fare, si vedrà cosa è possibile.